2 – Il Guado di Rodov
GIORNO 9 KLARMONT
Il sole non aveva ancora pienamente illuminato i tetti delle case di Ryania quando i tre avventurieri si lasciarono alle spalle le mura di legno del villaggio. Lirithion si muoveva con agilità sul sentiero, il suo sguardo rivolto al bosco che si estendeva davanti a loro, la mente già impegnata nel compito affidatogli da Sir Roderick. Zoran stringeva con decisione l'arco di legno scuro, i suoi occhi acuti da ranger scrutavano con sospetto i margini della via, pronto a scorgere qualsiasi segno di pericolo. Karamoth camminava con la sua consueta calma, il bastone ferrato stretto in mano, ma una sottile ombra di preoccupazione increspava la sua fronte mentre osservava la natura circostante, presentendo forse un invisibile male.
Il sentiero, per un lungo tratto parallelo al corso placido del fiume Rugalov, si allontanò poi dalle sue sponde, serpeggiando verso nord-est e addentrandosi nel cuore della Foresta Dymrak. L'aria del mattino era fresca e pungente, carica del profumo umido della terra smossa, delle foglie ancora bagnate di rugiada e del fruscio leggero causato dalla brezza estiva che giocava tra i rami degli alberi. Il canto lontano di qualche uccello mattiniero rompeva il silenzio del bosco, accompagnando i passi degli avventurieri.
Dopo diverse ore di cammino, la vegetazione si fece più rada e il sentiero li condusse al Guado di Rodov. Si ritrovarono in una radura desolata, dove l'erba cresceva stentata e l'aria sembrava gravare di un senso di abbandono e silenzio innaturale. Improvvisamente, dal fitto sottobosco che delimitava la radura, emersero tre figure umane armate. La tensione si fece immediatamente palpabile, come una corda tesa sul punto di spezzarsi. Karamoth notò subito che l'equipaggiamento dei tre sconosciuti era stranamente simile a quello delle guardie di Ryania.
"Chi siete?" intimò una delle figure, un uomo robusto con una cicatrice che gli solcava la guancia, le mani strette sull'asta di una lancia.
Lirithion si fece avanti con passo calmo e le mani ben visibili in segno di non belligeranza. "Siamo inviati da Sir Roderick. Siamo qui per aiutarvi".
Le tre guardie abbassarono leggermente le armi, un'espressione di sollievo che si dipinse sui loro volti tesi. "Ci avevate fatto pensare che foste altri... goblin" ammise un'altra guardia, una giovane donna con i capelli raccolti in una treccia.
"Sono Lirithion, e questi sono i miei compagni, Zoran e Karamoth" spiegò l'elfo Vyalia, indicando i suoi compagni con un cenno del capo. "Qual è la situazione qui? Igor ci ha parlato di voi".

Rillafer
In quel momento, l'attenzione acuta di Karamoth fu catturata da una figura immobile che giaceva all'ombra di un grande salice piangente, le cui lunghe fronde sfioravano il terreno. "Chi è quella?" chiese il druido, indicando la donna con un movimento del bastone.
Le guardie si fecero immediatamente più guardinghe, quasi protettive nei confronti della figura sotto l'albero. "È una nostra amica" rispose la donna che aveva parlato per prima, il tono della voce divenuto più freddo e distante. "Non sta bene. Lasciatela in pace."
Zoran si avvicinò di qualche passo, gli occhi di cacciatore che scrutavano attentamente la figura immobile. La sua sagoma era esile e i lunghi capelli che le incorniciavano il volto avevano una lucentezza particolare, anche nell'ombra. "Sembra un'elfa... ma c'è qualcosa di strano in lei" commentò a bassa voce
"La nostra amica non sta bene," spiegò uno degli altri uomini, la sua voce ora più morbida ma ancora cauta. "Si chiama Rillafer e non è di Ryania. Ha solo bisogno di riposare."
Ma la situazione, carica di sospetti e reticenze, precipitò rapidamente quando Karamoth fece un passo di troppo in direzione della donna. In un attimo, la tensione esplose in un violento alterco e la tranquilla radura si trasformò in un campo di battaglia improvvisato.
Karamoth, nonostante la sua indole pacifica, si ritrovò nel mezzo della mischia. Un'affondo di lancia inaspettato lo colpì al fianco, strappandogli un gemito di dolore.
Il combattimento fu breve ma intenso. Karamoth e una delle guardie andarono giù ferite e prive di sensi. Ma proprio nel momento culminante dello scontro, una voce femminile, chiara e perentoria, risuonò nella radura. "Fermi!" intimò. "Abbassate tutti le armi!"
Le due guardie esitarono per un istante, poi, con riluttanza, abbassarono leggermente le loro armi, i loro sguardi rivolti alla figura che si era alzata in piedi sotto il salice.
La donna sotto il salice si chiamava Rillafer, e non era un'elfa, ma una driade, uno spirito della natura legato agli alberi di quella foresta. Era in grave pericolo, la sua vitalità minacciata da un male oscuro.
"Sono stata io a condurvi qui," spiegò con una voce che sembrava il sussurro del vento tra i rami. "Ho bisogno del vostro aiuto."
"Un male si sta diffondendo nella Foresta e lentamente mi sta uccidendo" rivelò Rillafer con voce flebile e affaticata, appoggiata al ruvido tronco dell'albero per sorreggersi. "Sorte che purtroppo è già toccata a mia sorella Rillerel. Degli Uomini Lucertola a monte del fiume stanno compiendo qualche oscura nefandezza. Dovete fermarli o io morirò e questa parte del Dymrak cadrà sotto la loro orribile influenza...".
Rillafer spiegò con voce debole che gli Uomini Lucertola, stabilitisi recentemente a monte del fiume Tuman, avevano compiuto un atto sacrilego che aveva causato la secca del fiume, un evento innaturale che stava prosciugando la linfa vitale della foresta e che aveva portato alla morte di sua sorella Rillerel, il cui spirito era indissolubilmente legato al suo albero. Rillafer affermò con un filo di voce che era stata lei nei giorni precedenti ad inviare il Capitano Daru e i suoi uomini ad affrontare gli Uomini Lucertola.
La priorità degli avventurieri subì un parziale spostamento. Sebbene la scomparsa del Capitano Daru e della sua pattuglia rimanesse la loro prima preoccupazione, l'urgente pericolo che incombeva su Rillafer e sull'intera foresta richiedeva attenzione. La secca del fiume Tuman, menzionata anche da Igor come un fatto insolito, sembrava ora collegata alla minaccia degli Uomini Lucertola e forse al motivo della scomparsa degli uomini di Ryania.
Zoran, nel frattempo si avvicinò al druido ancora a terra privo di sensi e frugando nella sua sacca, estrasse alcune bacche dal profumo dolce e amaro e gliele fece ingoiare.
Karamoth, dopo averle ingerite, riprese conoscenza sentendo un leggero sollievo dal dolore lancinante. Concentrandosi sulle energie della natura che tornavano a fluire in lui, invocò un antico incantesimo druidico, le sue mani che si illuminavano di una luce verde pallida mentre curava le sue ferite.

Cartu
La notte calò sulla radura, portando con sé un'aria di incertezza e preoccupazione. Gli avventurieri e le guardie si organizzarono per la veglia, i loro pensieri rivolti al destino del Capitano Daru e alla minaccia incombente degli Uomini Lucertola.
Seduti in cerchio nella radura, gli avventurieri e le guardie sopravvissute discussero la situazione. Il racconto di Rillafer gettò una nuova luce sulla secca del fiume e sulla scomparsa del Capitano Daru. Poteva esserci un legame tra gli Uomini Lucertola e la pattuglia scomparsa?
Una delle guardie, un giovane di nome Cartu, si fece avanti con un'espressione determinata sul volto. "So come usare la lancia" disse con un tono di voce deciso, mostrando la sua arma semplice ma affilata. "Voglio aiutarvi a trovare il Capitano Daru e a fermare questa minaccia".
GIORNO 10 KLARMONT
Al mattino, i primi raggi di sole filtrarono tra le fronde degli alberi. Karamoth, sentendosi ristabilito dalle cure magiche e dal riposo notturno, raccolse altre bacche dalla foresta circostante e le incantò, infondendo in esse il potere di guarigione.
Rillafer, avvicinandosi al gruppo, estrasse da sotto un cumulo di foglie tre piccole fiaschette di pelle. "Queste potrebbero tornarvi utili se doveste scontrarvi con gli Uomini Lucertola," spiegò porgendole agli avventurieri. "Rendono la Pelle Coriacea. Prendetele. Fate presto vi prego. Non mi rimane molto tempo..."
Così, Lirithion, Zoran, Karamoth e Cartu si incamminarono, lasciando la radura alle loro spalle e seguendo il corso del fiume Tuman controcorrente, nella direzione indicata da Rillafer come dimora degli Uomini Lucertola. Il fiume, un tempo vitale arteria della foresta, era ora un letto in secca e paludoso, costellato di chiazze di fango denso e piccole pozze di acqua stagnante che riflettevano un cielo sempre più velato. Un forte odore di decadimento organico, di fango putrido e vegetazione in decomposizione, impregnava l'aria rendendo il cammino ancora più penoso.
Durante il cammino lungo l'alveo prosciugato, improvvisamente, il silenzio fu squarciato dal battito rapido e inquietante di ali. Tre creature dall'aspetto insolito e decisamente ripugnante si librarono in volo dal cielo, dirigendosi con una velocità sorprendente verso gli avventurieri. Erano un incrocio mostruoso tra un pipistrello e una zanzara gigante, con ali a membrana scura e translucida, un piccolo corpo peloso di colore nerastro, otto zampe sottili e articolate che terminavano con piccole chele affilate, e al posto della bocca una lunga proboscide appuntita a forma di spillone.
"Ma che bestiacce sono?" esclamò Cartu, stringendo con forza la sua lancia, il volto contratto dalla sorpresa e da un vago senso di disgusto.
"Qualcosa che non conosciamo... E che non mi fa affatto stare tranquillo" rispose Zoran con un tono di voce teso, incoccando rapidamente una freccia sul suo arco. I suoi occhi saettavano tra le creature volanti e i suoi compagni, pronto a difenderli.
Lirithion fu il primo a reagire con la prontezza tipica degli elfi, la sua spada lunga sguainata con un lampo argenteo. Karamoth, sebbene ancora sentisse la stanchezza nel corpo a causa dello scontro con le guardie al guado, si mise immediatamente sulla difensiva, il suo bastone ferrato sollevato pronto a intercettare qualsiasi attacco.
Le tre creature si avventarono sulla piccola compagnia con un sibilo acuto e inquietante. Due di esse si lanciarono direttamente contro Lirithion, mentre la terza puntò dritta verso Cartu. L'elfo, con una rapidità sorprendente, intercettò una delle bestie con un rapido fendente della sua spada, il cui filo affilato recise una delle fragili ali della creatura. Cartu, colto di sorpresa dalla velocità dell'attacco, lasciò cadere la sua lancia nel fango, ma con un riflesso felino riuscì ad afferrare l'uccellaccio che gli si era avventato addosso e a scrollarselo di dosso con un movimento brusco.
Zoran scoccò rapidamente una freccia verso una delle creature volanti che si dirigeva contro Lirithion, ma la freccia saettò via, mancando il bersaglio di qualche spanna. Karamoth tentò di colpire l'uccello più vicino con una frustata del suo bastone ferrato, ma anche il suo colpo andò a vuoto, mancando la creatura agile e sfuggente.
Zoran, con una mossa rapida, lasciò cadere l'arco e si mosse agilmente menando un fendente con la sua spada corta all'uccello che stava attaccando Lirithion. Ma mancò il bersaglio per un soffio, la lama che sibilò nell'aria a pochi centimetri dal corpo chitinoso della creatura. Karamoth provò nuovamente ad attaccare la creatura volante con il suo bastone, ma la sua mira, forse ancora offuscata dalla fatica, si rivelò imprecisa.
Lirithion, con agilità e precisione, riuscì a colpire nuovamente uno degli uccelli con la sua spada lunga. Questa volta la ferita fu chirurgica e letale: la lama affilata penetrò in profondità, e l'animale emise un grido stridulo prima di cadere a terra, immobile nel fango.
Il combattimento proseguì frenetico e caotico. Zoran tentò ancora una volta di colpire l'uccello che si era pericolosamente avvicinato a Karamoth, ma lo mancò ancora una volta. Improvvisamente, la creatura, simile a un ripugnante pipistrello-zanzara gigante, si avventò sul druido e affondò la sua lunga proboscide a forma di spillone direttamente nel suo corpo, iniziando avidamente a succhiarne il sangue. Karamoth sentì immediatamente le forze abbandonarlo, una fitta di dolore acuto lo percorse e la sua costituzione vacillò pericolosamente.
"Maledetta bestiaccia!" imprecò Karamoth con un rantolo di dolore e rabbia, cercando disperatamente di liberarsi dalla presa delle zampe uncinate della creatura.
Cartu, riprendendo rapidamente la lancia caduta da terra, con un movimento fulmineo si lanciò all'attacco e infilzò con precisione il volatile che ancora minacciava Lirithion, uccidendolo all'istante. La lancia, guidata dalla sua determinazione, trafisse il corpo della creatura, che cadde a terra esanime.
Ora rimaneva un solo uccello, ancora saldamente attaccato al corpo di Karamoth e intento a nutrirsi del suo sangue. Zoran si mosse rapidamente e, con un fendente deciso della sua spada corta, riuscì a strappare una delle otto ripugnanti zampe della creatura. L'uccellaccio, indebolito e ferito ma non ancora sconfitto, si staccò finalmente dal corpo martoriato di Karamoth e, librandosi goffamente nell'aria con un battito d'ali irregolare, si allontanò rapidamente volando verso l'altra sponda del fiume, apparentemente soddisfatto del suo macabro pasto.
La battaglia era finita. Due delle strane e orribili creature giacevano inerti nel fango, mentre la terza si era dileguata scomparendo alla vista oltre la riva del fiume. Karamoth era visibilmente debilitato e pallido, la perdita di sangue e il danno subito alla sua costituzione si facevano sentire in modo preoccupante.
"Karamoth, come ti senti?" chiese Lirithion con un tono di voce carico di preoccupazione, avvicinandosi rapidamente al compagno ferito.
"Mi sento alquanto debilitato. Penso di poter proseguire il nostro cammino ma non credo di poter affrontare un altro combattimento se prima non mi rimetto in sesto" rispose il druido con un rantolo debole, la voce appena un sussurro.
Zoran si avvicinò al corpo inerte di una delle creature abbattute, esaminandola con attenzione, cercando di comprenderne la natura innaturale. "Qualcosa di innaturale, di sicuro" commentò il ranger, la sua voce carica di una crescente inquietudine. "Non ho mai visto nulla di simile in questa foresta."
Nonostante le ferite e la stanchezza, il gruppo proseguì il suo arduo viaggio lungo il fiume Tuman, la loro determinazione rafforzata dalla consapevolezza della minaccia che incombeva sulla foresta e sulla vita di Rillafer. La strada era ancora lunga e incerta, ma gli avventurieri sapevano che dovevano andare avanti, guidati dalla speranza di salvare il Capitano Daru e di porre fine all'oscuro piano degli Uomini Lucertola.
Dopo circa un altro quarto d'ora di faticoso cammino lungo il letto ciottoloso e scivoloso del fiume in secca, il paesaggio circostante cambiò gradualmente. Il letto del fiume si allargò, rivelando una distesa di grandi rocce grigiastre che emergevano in modo irregolare da quel che restava dell'acqua. Mentre i loro occhi si soffermavano su una di queste rocce, ebbero per un istante l'impressione che l'acqua, scarsa e torbida, stesse giocando brutti scherzi alla loro percezione. Ma presto si resero conto che non era un'illusione: su una delle rocce più grandi, leggermente discosta dalle altre, si intravedeva chiaramente la figura nuda di una donna, avvolta da fili di piante fluviali verdastre che sembravano intrecciarla indissolubilmente alla pietra stessa. I suoi lunghi capelli, di un pallido e innaturale verde smeraldo, fluivano come un velo umido lungo i fianchi e la schiena, oscurandole il viso. La sua immobilità era inquietante, quasi soprannaturale, e l'intero scenario sembrava avvolto in un silenzio carico di mistero e di una sottile aura magica.
"Chi sei?" sussurrò Zoran, avvicinandosi con cautela fino a una quindicina di metri dalla figura. La sua mano si portò istintivamente all'elsa di uno dei suoi pugnali, pronto a reagire a qualsiasi minaccia.
Karamoth osservò attentamente la figura immobile, mentre la sua mente druidica cercava di interpretare i segni della natura circostante e la strana presenza sulla roccia. La pelle della donna era di un innaturale colore grigioverde, quasi algida. "Ragazzi, penso sia una Nixie" disse il druido, la sua voce sommessa e carica di una cautela istintiva. "È una creatura del fiume, una fata dell'acqua, come Rillafer è una fata degli alberi". La piccola figura femminile rimase completamente immobile, quasi parte integrante della roccia su cui giaceva.
Lascia un commento
Annulla risposta
Devi essere connesso per inviare un commento.
Comments on '2 – Il Guado di Rodov' (0)
Feed dei commenti